Ortaglia

Itinerario 4

"Come se il panorama fosse un dipinto" Poggio al Sole - Tenuta Villa Ortaglia (- Querciola) - Poggio al Sole

Dall’Agriturismo Poggio al Sole si gode di una vista unica. Quando ci si arriva per la prima volta si esita un attimo, almeno un attimo, per abbracciare e gustare il panorama. Poi lo sguardo comincia a curiosare fra gli infiniti particolari che offre: campanili, case e coloniche, torri, monasteri, fattorie, strade, e poi linee e ancora linee, geometria, campi, filari di ulivi, di cipressi, nuvole di bosco e di viti, e un’aria sottile che ci separa da un orizzonte in continuo movimento. Eppure deve esserci una magia, perché è talmente bello che il solo guardarlo non ci appaga, vorremo immergercisi, toccarlo, avere le ali e cercare di abbracciarlo. Ma non siamo solo noi ad avere il desiderio di realizzare questo incontro, ma è ciò che vediamo che ci sta invitando a raggiungerlo, affinché non perdiamo l’attimo e si appaghi la nostra irrequietezza e curiosità. Perché questa terra è stata creata dall’uomo nel tempo e dal suo lavoro ed è a lui che essa appartiene: come fossero due persone ed entrambi non potessero esistere senza l’altro.

Ed è proprio di fronte all’Agriturismo Poggio al Sole, sul versante opposto della Valle del Mugnone che si è realizzata questa armoniosa sintesi, nei vigneti della Tenuta Villa Ortaglia, meta principale di questo itinerario, ai confini col Parco di Villa Demidoff, in origine fatto costruire da Francesco I de’ Medici fra il 1569 e il 1581 come residenza estiva per l’amata Bianca Cappello, in una posizione di incredibile bellezza, come per tutta la vallata, con un panorama da favola sulle colline di Fiesole e la cupola della vicina cattedrale di Firenze.

Lunghezza:
1° variante: Poggio al Sole – Tenuta Villa Ortaglia – Poggio al Sole: 8 km
2° variante: Poggio al Sole – Tenuta Villa Ortaglia – Querciola – Poggio al Sole: 12 km
Dislivello in salita:
1° variante: 390 m
2° variante: 560 m
Difficoltà:
1° variante: facile
2° variante: medio-facile
(durante periodi molto piovosi fare attenzione all’attraversamento di alcuni torrenti).
Tempo necessario:
1° variante: 3 ore
2° variante: 5 ore
Periodo consigliato: tutto l’anno (durante periodi piovosi è probabile trovare tratti fangosi).
Interesse: paesaggistico-storico.
Pagine web di approfondimento:
http://www.bml.firenze.sbn.it/it/caldine.htm
http://www.cultura.toscana.it/architetture/giardini/firenze/parco_villa_demidoff.shtml
http://www.ortaglia.com/

La prima parte di questo itinerario ricalca quella dell’Itinerario 3 che riportiamo di seguito.

Lasciato l’Agriturismo Poggio al Sole giunti all’incrocio con una carrareccia, Via Torre di Buiano, voltate a sinistra in discesa, oltrepassate il complesso rurale disabitato La Palagina e raggiungete in ampio pianoro il fienile e la colonica La Villa, con sorgente, dove in prossimità di una cisterna è facile vedere e sentire dopo abbondanti piogge il gorgoglio dell’acqua. Adesso invece di voltare a sinistra come per l’Itinerario 3, proseguite dritto in discesa circondati dalle vigne: alla vostra destra l’abitato dell’Olmo, la torre di Villa Ginnasi e più in alto Villa Capacci, ex Fattoria dell’Olmo e prima meta del percorso.
Oltrepassato il Fosso dei Bosconi e immessi voltando a destra in leggera salita sulla Via Faentina, dopo due tornanti – circa 300 metri facendo attenzione alle auto – prendete la prima piccola strada che trovate alla vostra sinistra, Via del Canto ai Rosai, con chiaro riferimento alla vegetazione del luogo, delimitata da filari di pini silvestri e ulivi. Oltrepassate prima una recente abitazione di color rosa – che rimane alla vostra sinistra lasciando intravedere il panorama sui colli di Fiesole e dietro su Firenze – poi il Fosso del Carpine che segna il confine del Comune di Fiesole con quello di Vaglia, e infine affiancati da noci un vecchio abbeveratoio con sorgente, per dirigervi al primo bivio a destra in direzione delle tipiche abitazioni rurali poste in alto. Una volta raggiunte, costeggiate un muretto da cui calano piante di rosmarino (o in dialetto toscano ramerino) – tipico arbusto mediterraneo e uno dei principali aromi della cucina italiana, il cui nome dal latino “ros marinus” rugiada marina, ricorda quanto cresca spontanea in luoghi vicino al mare – e al prossimo incrocio, di fronte all’ingresso della villa “La Torricella” lasciandovi alle spalle a sinistra la cappella di San Francesco all’Olmo, prendete in salita per Via di Campilungo.
Superato un leccio, invece di voltare a sinistra come richiederebbe il vostro itinerario seguendo il segnavia bianco rosso del CAI (Club Alpino Italiano) n. 65, proseguite ancora per pochi metri e voltate a destra. Curiosate fra le vecchie abitazioni, ora felicemente ristrutturate ma il cui nome, Il Fornaccio (Il Forno), ricorda l’originale funzione di questi locali posizionati in prossimità della Fattoria dell’Olmo, edificio che rimane ben visibile subito sopra di voi e del quale, procedendo per breve salita su strada sterrata, ne raggiungete uno degli ingressi e bellissimo punto panoramico su queste caratteristiche colline toscane. Il grande complesso che avete appena raggiunto è una costruzione di origine medioevale che divenne dal tardo 1400 di proprietà dell’Ospedale di Santa Maria Nuova di Firenze. L’importante istituzione ospedaliera e religiosa trasformò nel tempo la struttura preesistente con l’inserimento di due ali laterali adeguando la sua funzione a quella di fattoria, attiva sino ai primi anni del ‘900 e situata al centro di un’ampia tenuta composta nel tardo XVIII secolo da ben 26 poderi.
Ritornati all’innesto del sentiero CAI n. 65 raggiungete il piccolo gruppo di abitazioni, località Coperzano, fra le quali nella prima, detta Torricella (la stessa per la quale poco più in basso avete trovato altro accesso), come si deduce dal nome (“piccola torre”) è ben visibile la parte inferiore di una torre medievale. Fatti pochi metri e in prossimità di un cancello proseguite per strada sterrata fino ad una recinzione di rete metallica e pali di castagno che delimita un recente allevamento di mucche, e cominciate a costeggiarla seguendo il segnavia bianco rosso del sentiero, lasciando dietro voi i tipici campi con colture promiscue, le vedute sulla valle del Mugnone, sul crinale dei colli fiesolani, il Monte Fanna, Poggio Pratone e il colle Guadagni.
Prima in discesa poi, appena guadato il Fosso di Cafaggio in salita, affiancando macchie di rovi e rose canine raggiungete un pino piegato dal vento che spesso spira forte in queste praterie (siamo difatti vicini ad un podere chiamato “La casa del vento” e il caratteristico paesaggio fiesolano sembra improvvisamente lontano) e quindi la sovrastante casa colonica della Villa le Badesse, tipica casa da mezzadro in cui è facilmente riconoscibile l’abitazione e tutti gli annessi necessari per il lavoro agricolo: il fienile, la stalla, la colombaia e la concimaia. Dall’aia (il tipico cortile lastricato dove i contadini erano soliti lavorare i prodotti dei campi) si apre nuovamente arioso il panorama sulla valle del Mugnone, mentre in basso nelle immediate vicinanze protetto dal vento ricompare l’ulivo. Ignorate la tipica strada poderale che sembra perdersi nel verde scuro e nel grigio-argenteo delle foglie d’ulivo, e percorrendo una carrareccia ne costeggiate invece una piantagione, in discesa per circa 200 metri, voltando al primo bivio a sinistra, sempre in discesa, ed al secondo a destra per il sentiero che attraverso una fitta macchia di rovi e arbusti e per alcuni passaggi di fortuna vi conduce velocemente alla casa da lavoro della Villa l’Ortaglia, che raggiungete sul retro letteralmente “sbucando” da una siepe di corbezzoli.
Perdetevi ora fra le curate vigne, lasciandovi cullare dai dolci saliscendi, dalla vista che nasce dalle foglie delle viti e raggiunge le colline del versante opposto, verso il Montereggi, vostro punto di partenza, e dove riconoscerete l’Agriturismo Poggio al Sole, di tipico colore giallo fiorentino circondato da ulivi e protetto da alcuni cipressi. Noterete in lontananza l’ordinata disposizione dei poderi, l’alternarsi di seminativi (cereali, foraggi ecc.), di colture arboree ed arbustive (vite, ulivo, alberi da frutto) e di aree a bosco, le solitarie case coloniche, le officine di questo territorio, che distribuivano e regolavano ai contadini il quotidiano e duro lavoro. Respirerete e sentirete il sapore del cielo, mentre lo spazio e l’orizzonte – parafrasando le parole che gli dedicò lo scrittore fiorentino Bruno Cicognani – sembrerà una culla capace di contenere “l’amor disperato di libertà randagia che soltanto questi luoghi riescono, incantando, a quietare”.
Lasciata la tenuta dell’Ortaglia ripercorrete la strada a ritroso fino alla cappella di San Francesco all’Olmo dove deciderete se tornare sempre per medesima via alla vostra residenza (1° variante) oppure se proseguire per Via di Campilungo (2° variante). Nel caso optiate per la seconda scelta la strada, salvo un breve tratto intermedio in pianura, procederà sempre in discesa prima asfaltata poi sterrata per circa 2,5 Km sovrapponendosi al sentiero CAI n. 14, che scende dal crinale di Montesenario. Vi faranno compagnia alla vostra destra ulivi, Villa Ortaglia e le sue vigne, mentre sul lato opposto, sul versante dei Bosconi, case coloniche ed altri edifici – fra le quali ben presto si riconosce il Convento della Maddalena con il grande portico a tre archi, fatto costruire alla fine del ‘400 su disegno di Michelozzo – in un continuo gioco di prospettiva, che il lento procedere a piedi vi permette di apprezzare. Il territorio è così ricco di punti di riferimento che sembreranno apparirne sempre di nuovi e la vostra visuale cambierà attraverso un interrotto scambio di luoghi, luci e colori. Superata la bella Villa di Campilungo la discesa diventa più ripida, percorrete quindi alcuni tornanti e attraversate con un ponticello il Fosso del Carpine. Pochi metri e a valle sulla destra, dalla confluenza del fosso del Carpine col fosso delle Scalacce ha origine il torrente Mugnone.
Dopo un tratto pianeggiante la strada si immette sulla vecchia via Faentina (la nuova via Faentina che costeggiate, realizzata verso il 1913, passa alla vostra sinistra a poca distanza), che in breve conduce alla località Arco (in un rientro del muro, a sinistra, c’è un fontanello pubblico con acqua potabile). Qui si trovava un piccolo ospedale con l’oratorio di Santa Maria della Neve, oggi ridotto ad abitazione privata, ma di cui esiste ancora la facciata, costruito da Andrea del Buono, fornaio, del Popolo di Santa Maria in Campo di Firenze e notificato con un atto 13 novembre 1381, “perché si mantenesse sempre profano e per uso di poveri”, disponeva di quattro posti letto: 2 per donne e 2 per uomini. Fino alla metà dell’800 era inoltre ancora attivo un piccolo orfanotrofio, di sussidio all’Ospedale degl’Innocenti di Firenze, dove venivano raccolti i neonati abbandonati, i gettatelli (figli illegittimi, di genitori sconosciuti o particolarmente miserabili).
Raggiunta la nuova Via Faentina procedete in discesa per pochi metri, fino alla località la Querciola, (dal latino quercula, piccola quercia, e toponimo documentato sin dal VIII secolo), e prendete sul lato opposto lo “stradello” Via Vecchia delle Molina che diparte, stretto dalle abitazioni, pochi metri sotto il Ristorante Mario, segnavia CAI n. 9 Procedete con attenzione sul vecchio selciato in pietra, poiché alcuni tratti della piccola strada sono franati. Come si deduce dal nome della via e dall’omonimo fosso che costeggiate, qui erano attivi diversi mulini: uno si trovava all’interno del ristorante appena superato, un altro nell’abitazione corrispondente al numero civico 8, e un terzo nel delizioso complesso di Via di Rimolle, in località chiamata appunto il Mulino Nuovo. Dall’incrocio con Via di Rimolle, proseguite attraversando il piccolo ponte e poi in salita ondeggiando fra le colline e illuminati dalla luce del sole (questo versante della vallata protetto a nord grazie alle alture dai venti freddi ed esposto a mezzogiorno, non casualmente è ricco di abitazioni che venivano costruite tenendo ben presente il loro orientamento rispetto alla luce solare) lasciando alle spalle il panorama sulle colline di Fiesole, cominciate il percorso di avvicinamento al vostro agriturismo. Notate il terrazzamento del terreno e l’accurata creazione di acquidocci: erano queste strutture necessarie per regolamentare il flusso delle acque e ottimizzare la resa del lavoro nei campi. Una volta raggiunto un trivio (prima vale la pena risalire per pochi metri i due tornanti che portano alla villa campestre “Il Casone”, edificio mediceo-rinascimentale dalle sobrie linee architettoniche) prendete per la strada centrale, Via delle Molina, sovrapponendosi all’Itinerario 3 che riportiamo modificandone la direzione di percorrenza.
Affiancate prima alla vostra sinistra poi sul lato opposto il fosso che alimentava i mulini, e le cui acque insieme a quelle degli altri torrenti della zona furono incanalate all’interno dell’acquedotto, ancora visibile a valle, che i Medici fecero costruire nel XVII secolo per rifornire la loro residenza di Palazzo Pitti a Firenze, e per vecchio lastricato in pietra serena oltrepassate le prime abitazioni inserite in un’atmosfera surreale e magica incrociando tracce di un passato remoto custodite con cura. Poi mentre la luce sempre più faticosamente trova spazio fra lecci e fitte fronde d’alloro, la via comincia a salire conducendo verso ombrosi e misteriosi anfratti. Altri edifici come sospesi in un incalcolabile passato accolgono col loro silenzio il viaggiatore.
Ci si muove con esitazione e curiosità, si sente il respiro di cose antiche, l’odore è quello d’umido che si mescola al fogliame, non ci sono rumori e la scena sembra descrivere un abbandono improvviso, misterioso, troppo veloce per quanta vita sembra essere passata da quest’angolo magico di mondo. Infatti almeno dal XV secolo e fino al XIX erano qui attivi da cinque a nove mulini, alcuni dei quali oggi trasformati in civili abitazioni sono ancora riconoscibili per via della struttura più elevata, essendo i locali sin dall’origine disposti su tre piani (seminterrato per le ruote o gli ingranaggi, pianoterra le macine e il locale di lavorazione, piano superiore l’abitazione). Alimentati dalle ricche sorgenti delle Grotte di Montereggi, grandi dischi di pietra durissima trasformavano i frumenti in farine. Erano il centro produttivo della comunità, luogo di incontri, di ritrovi e di lavoro, dove città e campagna erano strettamente unite, indispensabile contributo per l’alimentazione delle relative popolazioni. La strada continua a salire ripida costeggiando un robusto muro a secco di bianchi blocchi di pietra locale mentre il selciato richiamando alla memoria il faticoso passaggio di carri vi conduce al piccolo cimitero di Montereggi e subito dopo alla piccola Pieve di Sant’Ilario, le cui origini risalgono al IX secolo. Lungo la salita perdete un minuto e voltatevi: in lontananza un paesaggio arioso e luminoso con i colli fiesolani e il Monte Rinaldi, che custodiscono l’accesso del Mugnone alla piana fiorentina.
Adesso sovrapponendosi all’Itinerario 1 e abbandonando il sentiero CAI n. 9 prendete alla vostra sinistra in discesa Via di Montereggi, inizialmente delimitata da una staccionata di legno (alla vostra sinistra la casa del podere S. Quirico). La strada è presto sterrata e comunque facilmente e dolcemente percorribile. Vi inoltrerete fra vigneti, campi di olivi, alberi da frutto, boschi di querce e case coloniche, uno splendido paesaggio, dove niente è casuale, ma il risultato della secolare cultura mezzadrile, dal nome del contratto, appunto la mezzadria, che legava il proprietario del podere col contadino che lo abitava e lavorava, ed attiva in questi luoghi fino ad oltre la metà del secolo passato. Al proposito osservate lungo il percorso con attenzione le viti. Ne troverete alcune, ormai isolate, che si intrecciano, qui si dice “maritandosi”, con altri alberi, spesso con pioppi o aceri. Non sono segno del degrado e dell’abbandono del territorio, anzi, sono veri e propri relitti secolari, una sorta di opera d’arte, insieme naturale e artificiale, praticata un tempo con grande destrezza dai contadini, che avevano individuato in questo binomio – come la dura vita di campagna in ogni minima scelta imponeva – il modo migliore per ottimizzare spazio e resa del proprio podere.

Nel percorrere la via, non essendoci indicazioni, fate un po’ d’attenzione: al primo bivio, in prossimità delle vigne della Fattoria di Montereggi della Famiglia Borsini che vedete in alto e che era la proprietaria di ben 11 poderi della zona, ignorate il tratturo in salita e girate a sinistra, al secondo, in prossimità di un cipresso invece voltate a destra in piano, lasciando la strada principale, costeggiando ben presto per alcuni metri alla vostra sinistra una recinzione e oltrepassando il Fosso di Buiano; al terzo ancora prendete a sinistra. Avrete inizialmente in vista sullo stesso lato due tipici e splendidi complessi rurali, il nome del secondo, come tanti di questi luoghi è un fitonomo, La Ginestra, ed entrambi hanno la caratteristica colombaia al centro del tetto. Ai successivi incroci voltate invece sempre a destra oltrepassando prima la colonica Il Palagio, e camminando fra oliveti e vigneti, il fienile e la colonica La Villa, incrociando la via di inizio percorso che percorrete in salita in senso inverso per raggiungere nuovamente l’Agriturismo Poggio al Sole.

Itinerario e foto a cura di Giovanni Crescioli: www.FiesoleBike.it